Un thriller colto e denso di umorismo che, tra citazioni e viaggi nel tempo, trascina il lettore in un'indagine poliziesca surreale e intricata. In un bosco in Sabina sbuca la mano di un cadavere che saluta il commissario Pirrone implorandolo di trovare il suo assassino. Senza prove o indizi Pirrone ricorre al suo «metodo» speciale per districare un caso altrimenti irrisolvibile: riceve dritte che non sempre riesce a capire, mezze frasi qua e là che spesso lo confondono da personaggi storici, sapientemente tratteggiati, che hanno in comune il fatto di essere stati tutti traditi. Mussolini gli racconta del delitto Matteotti, gli offre il carteggio Hitler Churchill e lo consiglia di cercare i due assassini tra i traditori (per lui i suoi gerarchi); passeggiando ai Fori romani incontra Cesare che gli dice che essere assassinati è brutto perché non si ha il diritto di replica e gli spiega come i senatori siano marmaglia. Edipo, tradito dalla sorte, gli suggerisce di non farsi condizionare dall'ambiente; Salvator Allende gli conferma che la ferita peggiore è il tradimento (nel suo caso quello di Pinochet) mentre per Claude Monet la pittura è come la vita: le cose viste troppo da vicino ci sfuggono. Tra un assassinio e l'altro Pirrone indaga su se stesso, sulle facili morali e sui costumi politicamente corretti e moralmente deprecabili. Finito il libro, senti che già Pirrone ti manca.
Anonimo -