Più che un dramma storico, "Coriolano" è una tragedia politica ispirata alla nobile lezione delle "Vite parallele" di Plutarco. Come tragedia il suo compito è quello di dar voce e forma alla vanità e alle follie degli uomini, ancorando l'azione alle vicende politiche e militari di Coriolano, il condottiero che con il suo sconfinato orgoglio provoca la rivolta popolare e infine la propria rovina. Ma "Coriolano" è anche la tragedia di altre passioni - l'amor di patria, la gelosia, la tenacia, l'ardimento - chiamate a confrontarsi con un sentimento ignoto alla dura scorza del generale: il senso della pace quale stato di grazia per uomini e cose. E la grandezza tragica di Shakespeare nel restituirci il conflitto interiore di Coriolano consiste nell'evitare ogni facile compromesso. Con la conclusione del dramma egli infatti ci presenta un condottiero sconfitto, svuotato di ogni ardire dal venir meno della propria sete di vendetta e di sangue. Una volta privato di questa formidabile molla dalle implorazioni di pace della madre, Coriolano non riesce a trovare altra dimensione che non sia quella dell'orrida macchina bellica per la quale lo stato di requie coincide con l'inutilità e con la morte. Note di Gabriele Baldini.
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