Per Geoff Dyer la fotografia non è altro che un mezzo attraverso cui avviene il racconto delle piccole e grandi storie dellumanità. Come la scrittura e il jazz, anche la fotografia sa andare oltre il significato del soggetto dellopera, ma è necessario affinare la propria sensibilità.NellInfinito istante, è una sorta di ordine entropico a guidare il viaggio nelle sterminate possibilità del mezzo fotografico. Dyer prova a distinguere quei fili che, come in un romanzo, legano generazioni di fotografia che pur non essendosi mai incontrati entrano in contatto incuranti del tempo e dello spazio grazie alla ripetizione dellidentico. Raccoglie quindi gli scatti di Alfred Stieglitz, Paul Strand, Walker Evans, André Kertész, Dorothea Lange, Diane Arbus e William Eggleston e scopre come il fotografare le stesse scene e gli stessi oggetti (panchine, cappelli, mani, strade, finestre, negozi di barbieri, fisarmonicisti) crei tra di loro un dialogo costante, una conversazione a più voci. Il suo è lo sguardo di uno scrittore che non possiede una macchina fotogra ca per sua stessa ammissione, e che può quindi abbandonarsi allesperienza intima e personale dellimmagine.La fotografia cambia il modo in cui vediamo il mondo, Geoff Dyer cambia il modo in cui guardiamo entrambi.
Anonimo -