Pubblicato nel 1868, "La pietra di Luna" narra, attraverso i diari privati dei vari personaggi coinvolti nell'avvenimento, il furto di un'antichissima pietra preziosa indiana dedicata alla divinità della Luna e custodita da tre bramini che si sono impegnati, dietro giuramento, a dare la vita per difenderla da ladri sacrileghi. In un susseguirsi di scene melodrammatiche e ad effetto, di avventure e di trame elaborate, si mettono a confronto le sfaccettature dello stesso evento, si integrano le mancanze, si colgono incongruenze e contraddizioni dei singoli diari, si imboccano piste false, si abbozzano soluzioni errate fino a giungere allo scioglimento del mistero. Nonostante il ricorso a situazioni inverosimili se non addirittura sovrannaturali, Collins tende a ispirarsi il più possibile a effettivi fatti di cronaca e a valorizzare l'elemento umano: a lui si deve la rappresentazione dei personaggi come tipi caratterizzati da tic comportamentali e da modi inconfondibili di esprimersi, e soprattutto il conio di una figura innovativa e duratura quale quella del detective professionale a cui sarà affidata la soluzione delle trame dei 'gialli' a venire. Un libro godibilissimo, definito da Chesterton come "la più bella storia d'investigazione del mondo", e riconosciuto come una cerniera fra il romanzo del mistero ottocentesco e quello poliziesco del secolo successivo.
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