Nel gennaio del 1748 una donna cammina da sola per le strade polverose di Siviglia. E una ex schiava proveniente dai territori della colonia spagnola di Cuba. Caridad ora non ha più un padrone che decide della sua vita, ma neanche più una casa. Lungo il suo peregrinare incontra Milagros Carmona, una giovane gitana nelle cui vene scorre il sangue della ribellione. Le due donne stringono un'amicizia sincera e incrollabile. Milagros confessa il suo amore per l'arrogante Pedro Garcìa, dal quale la separano antichi odi tra le due famiglie. Dal canto suo Caridad si sforza di nascondere il sentimento che sta nascendo in lei nei confronti del nonno di Milagros, un uomo rude e seduttore, ma di principi ferrei quando si tratta di difendere la sua famiglia e lo stile di vita dei gitani. Quando un editto regio bandisce i gitani come fuori legge, la vita di Milagros e Caridad ha una tragica svolta. Le loro strade si separano, ma il destino vorrà farle incontrare di nuovo a Madrid, cuore pulsante della nuova Spagna in fermento.
La nostra recensione
Dopo “La cattedrale del mare” del 2006, in cui descriveva fra l’altro la distruzione del quartiere ebraico di Barcellona nel XIV secolo e la “La mano di Fatima” del 2009, in cui raccontava la cacciata dei moriscos nel XVI secolo, in questo terzo libro l’ex avvocato catalano diventato scrittore per la sua passione della storia, con un balzo di altri due secoli ci fa assistere alla deportazione dei gitani nel XVIII secolo. Molti hanno quindi definito i suoi libri una trilogia sulla persecuzione delle minoranze di Spagna, ma è soltanto un aspetto del repertorio avventuroso di questo romanzo, incentrato in realtà su due forti figure femminili. La prima a entrare in scena è la schiava nera Caridad, arrivata in Spagna da una piantagione di tabacco cubana: liberata a causa della morte del padrone, viene casualmente adottata da una famiglia di gitani del sobborgo andaluso di Triana. Qui fa amicizia con l’adolescente Milagros, ineguagliabile ballerina che Caridad perfezionerà nel canto insegnandole le struggenti melodie degli schiavi cubani. La contaminazione fra i canti degli schiavi e la musica gitana è all’origine del flamenco, di cui Milagros diviene “la regina scalza” idolo dei teatri madrileni, ma a causa di un amore sbagliato arriverà quasi a perdersi, mentre al contrario Caridad, con la sua abilità di sigaraia, saprà costruirsi una vita indipendente. Il fascino della trama ricca di colpi di scena fa quasi dimenticare il grande lavoro di ricerca sottostante, con la ricostruzione dettagliata della vita sociale, culturale ed economica dell’epoca, che non è il minor talento dell’autore. Daniela Pizzagalli
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