L'orrore nelle arti, non le arti dell'orrore: questo volume raccoglie una pluralità di prospettive sull'orrore, inteso in prima istanza come categoria estetica, come strumento interpretativo di quella realtà sensibile tendenzialmente refrattaria alla rappresentazione artistica. L'orrore è innanzitutto un piacere, il piacere dello sgradevole, ma anche il piacere di piangere, che si confonde inestricabilmente con il sublime burkiano - e di qui confluisce nella letteratura gotica per poi esprimersi, non da ultimo, in un preciso filone cinematografico - ma è anche il piacere sadico, il piacere di procurare dolore, che, prolungandosi in un gesto gratuito, "perverso", come vuole Poe, arriva fino al perturbante freudiano. L'orrore è, inoltre, il disgusto per una realtà che è in sé ripugnante al punto da non rendersi convertibile in immagini se non mediante un riflesso parziale e distorto, come attestano le rappresentazioni dello sterminio ebraico nei Lager nazisti. L'orrore è, infine, la trasparenza oscena dell'immagine, l'esibizione pornografica di se stessa, che, mostrando tutto - come per una sorta di rivincita estetica - sottrae terreno all'illusione e all'immaginario che la aumenta fino ad appiattirsi su una realtà virtuale, tanto perfetta quanto asettica. Le grida dell'orrore deformano la realtà, ma sfidano l'immaginazione a dare una forma al limite.
Anonimo -