«Italiani, fate più figli»: una parola dordine che è stata un simbolo del fascismo. Oggi è di nuovo in auge. Un passato che ritorna o tuttun altro fenomeno? Tra geografia e storia della popolazione, storia del pensiero demografico e storia politica, questo libro segue il sorgere, lo sparire e il riemergere in Italia, lungo quasi un secolo, dellidea che lo stato debba promuovere la natalità. Lungo il filo rosso del nesso fra interpretazioni dei fatti demografici e scelte politiche si intreccia una molteplicità di temi: il confronto fra dinamiche demografiche e politiche nataliste, nellItalia fascista e nel resto d Europa (lItalia uneccezione? lItalia come gli altri?); il processo che induce il fascismo a fare della questione delle nascite una priorità assoluta, il prender forma, sotto gli auspici del regime, della demografia come scienza autonoma, il delinearsi, nellItalia del tempo, di una variegata e singolare geografia delle nascite (più figli nelle città che nelle campagne?). E un rilievo particolare assume la questione dei rapporti tra regime e demografi, fino al saldarsi della politica demografica con quella della razza. È la continuità nella discontinuità della vicenda, poi, che colpisce. Emerge chiaro come il ricordo incombente della natura `fascistissima della politica demografica abbia dominato tra rimozioni e tabù i modi di porsi rispetto alla questione delle nascite nel dopoguerra, tra dettami della chiesa, modello sovietico, minoritarie battaglie laiche. Ma, soprattutto, seguendo gli sviluppi che giungono fino alloggi ci si rende conto che senza un confronto con questa lunga storia nella sua interezza mal si coglie il senso del risorto natalismo, di destra o di sinistra, nellItalia della denatalità e dellimmigrazione.
Anonimo -