Le opere umane hanno una causa attestabile e uno sviluppo prevedibile o avvengono in maniera sorprendente e sono vere e proprie creazioni? L'idea di un inizio dal nulla, rintracciabile nella teologia giudaica e cristiana, percorre i secoli, si declina nel sapere umano e trasmigra da Platone a Dante fino a Hannah Arendt. Ma è alla luce delle inclinazioni artistiche della nostra specie che emerge chiaramente come, già a partire dalla preistoria, l'umanità realizza figurazioni la cui emergenza è indipendente da necessità determinate, combaciando talvolta con una svolta antropologica. Da Michelangelo a Cézanne, da Vasari a Berenson, buona parte degli artisti e degli scrittori d'arte citati in questo libro condivide una visione dell'umano che, lungi dall'essere una sostanza accertabile né tantomeno un elemento storico soggetto a relativizzazioni, è o diviene in virtù di nuovi inizi. Proprio come tra il 12000 e il 7500 a.C. si registra la grande rivoluzione neolitica e con essa la comparsa dell'Homo Sapiens, così sono altrettanto plausibili, in tempi e scale differenti, ulteriori metamorfosi e (ri)cominciamenti della vita. Benché oscurata dall'anti-umanesimo di Warhol, la fede nell'inizio, nella facoltà connaturata all'uomo di creare nuovi valori e forme di vita, non sembra destinata a estinguersi.
Anonimo -