Asserragliato nella penombra dell'istituto di bellezza Loto, attorniato dalle macerie della Berlino 1945, un personaggio che si definisce 'il tolemaico', e nei cui tratti non stentiamo a riconoscere Benn stesso, si prepara ad accogliere i clienti con le raffiche di un ficile mitragliatore. E in tanto elucubra in solitudine, tesse suoni di parole differenti dai concetti e amiche delle immagini, si domanda come mai il mondo, e il pensiero, siano precipitati dal cosmo alla cosmesi, fino a quel retrobottega dove lui, il tolemaico, li accoglie col suo lirico sarcasmo. A un tavolo dell'osteria Wolf un altro personaggio (ma avvertiamo nella sua voce lo stesso timbro, dissolvente e incantatorio) si lancia in altre divagazioni, protette da una bruma alcolica, sulle nefandezze germaniche, sul 'rettile Storia' che sprofonda nel buio e su vari altri minuscoli o smisurati dettagli. Affiora in queste pagine il profilo di una nuova epoca, la nostra, dove non rimarranno che "criminali o monaci", e finalmente assistiamo a un prodigio che molti avranno inutilmente tentato: una prosa che racconta in una catena di fosforescenze, senza nessi causali, come puro succedersi di epifanie e irrisioni. Lette oggi, a distanza di cinquant'anni dalla loro prima apparizione, queste prose narrative di Benn appaiono piĆ¹ abbaglianti che mai, solitario esempio di uno dei grandi sogni della letteratura del Novecento: la prosa assoluta.
Anonimo -