"Perché la fragile arte di scrivere la storia dovrebbe sfuggire alla crisi generale della nostra epoca?" si chiedeva Fernand Braudel nemmeno cinquant'anni fa in una prolusione letta al College de France. La storia, se non voleva essere "una piccola scienza del contingente", doveva iniziare a dialogare con tutte le altre scienze che hanno per oggetto l'uomo, dalla sociologia all'antropologia, dall'etnologia alla geografia, alla demografia e all'economia, infatti, per cogliere dal maggior numero di punti di vista le varie dimensioni dell'azione dell'uomo, e quindi delle collettività, la geografia non poteva fare a meno dell'economia, l'economia non poteva ignorare la sociologia e a sua volta la sociologia non poteva dimenticare l'antropologia. Solo superando ogni concezione settoriale dei diversi specialismi la storia, che ha il compito di fornire la dimensione temporale, avrebbe potuto ambire a essere il coronamento delle numerose scienze umane. Gli "Scritti sulla storia", qui riuniti in un unico volume, offrono l'occasione di tornare sulle originarie formulazioni di un maestro di metodologia storica qual è Braudel. Accanto al versante propriamente speculativo, sempre di avvincente lettura, la seconda parte della raccolta presenta un campione di saggi propriamente storiografici, tra i quali, oltre al magistrale contributo sui prezzi in Europa dal 1450 a1 1750, si segnalano le succinte biografie di Carlo V e del figlio Filippo II scritte per una collana divulgativa, in cui tuttavia lo storico francese non rinuncia a pronunciarsi su questioni interpretative e metodologiche.
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