Nella nostra storia passata l'attività di traduzione era percepita come meno problematica di quanto oggi consapevolmente dobbiamo rendere conto: in fondo, a parte casi eccezionali e illustri (le traduzioni delle Sacre Scritture, per esempio), il traduttore si rivolgeva generalmente con il suo artefatto alla comunità degli intellettuali, che di fatto potevano avere accesso e leggere anche gli originali; destinataria era una élite, e dunque il suo lavoro, lungi dall'essere una operazione che inabissa e rende "invisibile" il traduttore, andava nella direzione di accreditare l'artefice come intellettuale e artista di valore. Il traduttore, intanto che legge, esplora, analizza e interpreta il testo oggetto del suo lavoro traduttivo, vi rende omaggio canonizzandolo, per così dire, ma insieme illustar la propria medesima fama di intellettuale e artista, e - se il risultato estetico è alto - specchia la propria immagine artistica nell'originale e nella traduzione. (...)
Anonimo -